Il Bocarte: le acciughe del Cantabrico
Lo sapete che a Santona, piccolo porto e stazione balneare della Comunità autonoma della Cantabria, c’è il Paseo de Los Salazaneros ltalianos?
Il motivo di tale riconoscimento è contenuto in una targa commemorativa, posta dal governo locale nel 2011, che ricorda l’opera degli italiani nella lavorazione e commercializzazione delle acciughe oggi così famose e apprezzate.
La storia ha inizio nella prima parte del XIX secolo. E’ infatti alla fine del ‘700 che viene scoperta la tecnica per la conservazione degli alimenti, detta Appertizzazione dal nome del francese Nicholas Francois Appert che la mise a punto, che si diffonde in breve tempo consentendo la nascita e lo sviluppo l’industria conserviera.
Anche in Cantabria le tecniche di lavorazione del pesce si affermano rapidamente, ma alla conservazione delle acciughe nessuno pensa: così abbondanti da quelle parti, nessuno le vuole. Non sono attraenti per il mercato e quelle che non si usano come esche vengono semplicemente ributtate in mare.
In Italia, al contrario, sono talmente popolari che il pescato risulta insufficiente. La tradizione di conservazione delle alici è antichissima e il prodotto nazionale viene esportato e consumato in Patria. Napoli, Genova, Livorno e Torino sono i maggiori centri di trasformazione che utilizzano il pesce del meridione, soprattutto siciliano.
Non si conosce come e quando l’informazione della grande disponibilità di acciughe cantabriche sia arrivata in Italia, ma già verso la fine dell’800, fra i primissimi, giunge a Santona il trapanese Santo Giovanni Velia Scatagliota per conto della ditta Angelo Parodi.
In quegli anni molte sono le aziende conserviere italiane che mandano in Cantabria i propri emissari commerciali e tecnici per insegnare le lavorazioni, la costruzione delle botti, la pesca. Con il passare del tempo le relazioni, inizialmente solo professionali, diventano anche personali e iniziano a celebrarsi i primi matrimoni. Anche Santo Giovanni conosce Dolores Inestrillas Ruiz, decide di sposarla e si stabilisce a Santona. Nel 1908 fonda la propria azienda che, romanticamente, chiama “La Dolores”. In seguito diventerà anche armatore.
E’ in quegli anni che Giovanni inizia a cercare una tecnica migliore per la spedizione delle acciughe: quei barili imbarcati per l’Italia, durante la navigazione, perdono sale e succhi e possono rompersi. Il prodotto, inoltre, non è pronto all’uso: bisogna pulirlo, dissalarlo, diliscarlo. Dopo alcuni tentativi sfortunati alla fine il nuovo prodotto è pronto per essere lanciato sul mercato: i filetti di acciuga sott’olio inscatolati nella piccola lattina quadrangolare, l’octavillo.
Dopo Giovanni, altre famiglie italiane parteciperanno a scrivere la storia della produzione delle acciughe cantabriche: i Cusimano, i Sanfilippo, gli Oliveti, i Cefalù, i Brambilla, i Maccione che arrivano come delegati di aziende e salazaneros e mettono radici, insegnano, costituiscono aziende e fanno dell’acciuga il fondamento di un’economia che così risorge. Si integrano diventando pilastri della comunità. Vengono da Sciacca, Terrasini, Trapani. Negli anni 20 del ‘900 a Santona ci sono circa cento famiglie italiane e trenta imprese.
Oggi, grazie al loro contributo, la produzione delle anchoas in conserva dà lavoro a circa 1000 persone nel piccolo centro di Santona e 2000 nel resto della regione.